SCIA in sanatoria e prescrizioni: il Consiglio di Stato conferma la legittimità del rilascio condizionato

Anche prima del Salva Casa la Pubblica Amministrazione poteva subordinare l’accoglimento della SCIA in sanatoria a interventi di ripristino parziale: cosa cambia oggi con l’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia

di Redazione tecnica - 19/06/2025

La P.A. può subordinare l'accoglimento alla realizzazione di opere correttive? Qual è il confine tra vincolo e discrezionalità nella SCIA ex art. 37 del TUE? E cosa cambia con il Salva Casa?

SCIA in sanatoria e prescrizioni: la sentenza del Consiglio di Stato

La disciplina della SCIA in sanatoria è stata (e lo è tutt’ora per i contenziosi più datati) uno dei terreni più scivolosi del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), in particolare quando si tratta di individuare i limiti del potere comunale rispetto alla regolarizzazione di abusi formali. A ciò si aggiunge l’ambiguità sulle condizioni eventualmente imponibili dall’amministrazione, che rende sempre più rilevante il contributo interpretativo della giurisprudenza.

Benché molte delle problematiche connesse all’utilizzo della SCIA in sanatoria ai sensi dell’art. 37 del Testo Unico Edilizia (TUE) siano state superate dopo la Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa), restano ancora molti contenzioni sui quali la giurisprudenza sta intervenendo.

Sull’argomento registriamo una nuova e importante pronuncia del Consiglio di Stato - sentenza 17 giugno 2025, n. 5288 – che ha fatto chiarezza su un punto critico: la possibilità di subordinare l’accoglimento di una SCIA in sanatoria alla realizzazione di opere di ripristino parziale.

Il caso oggetto della controversia riguarda un immobile, dove il proprietario aveva presentato una SCIA in sanatoria ex art. 37 d.P.R. n. 380/2001 per regolarizzare la trasformazione di quattro finestre in porte d’accesso al piano terra. Il Comune, pur riconoscendo in un primo momento la doppia conformità, successivamente ha subordinato l’accoglimento della pratica al ripristino di tre delle quattro aperture.

In primo grado il TAR ha dato ragione al privato, affermando che il Comune non avrebbe potuto introdurre prescrizioni aggiuntive. Di parere opposto, invece, il Comune che ha richiesto l’intervento del Consiglio di Stato.

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