Demolizione e Salva Casa: quando il giudice può sospendere l’ordine?

La Cassazione torna sul potere del giudice dell’esecuzione in materia di abusi edilizi e chiarisce i limiti operativi dell’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia: non tutti gli interventi sono sanabili.

di Redazione tecnica - 17/06/2025

Salva Casa e art. 36-bis TUE: campo di applicazione ristretto

Aspetto marginalmente trattato dai giudici della Cassazione riguarda il nuovo art. 36-bis del d.P.R. 380/20011 che consente l’accertamento di conformità per alcune tipologie di abuso:

  • parziali difformità dal permesso o dalla SCIA alternativa (art. 34 TUE);
  • assenza o difformità da SCIA semplice (art. 37 TUE);
  • variazioni essenziali (art. 32 TUE).

Per accedere alla regolarizzazione, l’intervento deve risultare (doppia conformità “alleggerita”):

  • conforme alla disciplina edilizia al momento della realizzazione;
  • conforme alla disciplina urbanistica al momento della domanda.

Questa nuova procedura:

  • può essere condizionata alla realizzazione degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate;
  • può essere applicata nelle zone sismiche e in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica (in questo caso anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l'aumento di quelli legittimamente realizzati);
  • prevede il silenzio-assenso dopo 45 giorni dalla richiesta (tempi che aumentano nel caso di interventi eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica).

La norma è chiarissima nel definire a chi non si applica, ovvero agli interventi realizzati in totale assenza di titolo, come nel caso esaminato dalla Cassazione. Non basta, dunque, far riferimento astratto al “Salva Casa”: occorre una rigorosa verifica della natura dell’abuso e dei presupposti di regolarizzazione.

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